A cavallo dei Secoli XIX e XX la scuola italiana più famosa è quella di geometria, che grazie ai contributi di Enriques, Castelnuovo, Burali-Forti e di Luigi Cremona imprime un notevole progresso sia nel campo della geometria algebrica (in cui curve e superfici sono descritte globalmente attraverso polinomi), che in quello della geometria differenziale (in cui invece si pone l’accento sulle proprietà locali di curve e superfici quali curvatura e tangenti), senza trascurare lo sviluppo dell’elegante geometria proiettiva (una formalizzazione matematica dei punti di fuga della prospettiva pittorica, nata dall’intuizione del teorico seicentesco Desargues); nel campo dell’analisi, i teoremi di Volterra, Cesàro e Fubini sono pilastri nelle teorie delle equazioni integrali, delle serie e degli integrali multipli (che ancora si studiano nei corsi universitari dei primi anni); i lavori di Levi-Civita forniscono strumenti preziosi alla fisica moderna, dal calcolo tensoriale al “problema dei tre corpi”, e toccano temi squisitamente applicativi (come l’elettrostatica nei cavi); l’italiano forse più partecipe delle inquietudini della matematica moderna è il logico Peano, autore di un sistema di assiomi per i numeri naturali, di una delle prime teorie della misura (con Jordan), e ideatore di una “curva” mostruosa che si avvolge su se stessa fino a ricoprire interamente un quadrato!